L’intervista di Booksprint Edizioni, in occasione dell’uscita del mio libro MIX, disponibile anche a questo link.
Intervista all’autore – Fabio Sommella
1. Parliamo un po’ di Lei, dove è nato e cresciuto?
Sono nato a Roma e sono cresciuto tra i quartieri di San Giovanni,
Appio Latino, l’area metropolitana di Ciampino e le colline dei Castelli
Romani. Questi luoghi, nella loro marcata eterogeneità negli anni ’60-
’70, hanno contribuito a formare un’identità ibrida, dapprima in parte
“cittadina”, poi in parte “castellana”, fino alla maturità e alla coscienza
– con i dovuti limiti – di cittadino del Pianeta desideroso di conoscere
culture “altre”. La globalizzazione e la digitalizzazione hanno aiutato e
accelerato questo processo di restringimento del Mondo
nell’eterogeneo Villaggio Globale a cui oggi, volenti o meno,
apparteniamo tutti.
2. Che libro consiglierebbe di leggere ad un adolescente?
Sicuramente “Guerra e Pace” di Lev Tolstoj, un’opera maestra della
narrativa non solo del XIX secolo ma dell’umanità di ogni tempo, frutto
di un sofferto iter storico-spirituale, sospeso fra le dialettiche
dell’esistenza, fra millenari opposti, emblematici della nostra cultura
occidentale, ma non solo.
3. Cosa pensa della progressiva perdita del libro cartaceo a favore
dell’ eBook?
Anch’io amo i libri “cartacei”, ne ho casa piena e mi sono formato su
tali supporti ma sono comunque estremamente favorevole all’ebook,
sui device tablet o PC che siano, non solo per le più rapide
consultazioni e parallele possibilità di prendere appunti su file o per
contingenti problemi delle singole persone, ad esempio per coloro che
hanno problemi di vista la possibilità di ingrandire dinamicamente i
caratteri, settare sfondi diversi e caratteri diversi (caratteri bianchi su
sfondi neri), risolvendo così eventuali problemi di contrasto di
luminosità o altro; ma anche perché la cultura – come molti beni
culturali ormai insegnano – è “immateriale”, e può e deve
necessariamente svincolarsi dai supporti materiali. Ciò che conta è il
pensiero, l’idea, il significato, il contenuto, financo la forma espressiva
ma non il supporto. Sarebbe come se, di nuovo, dovessimo ripudiare il
cinema per privilegiare solo il teatro; la fotografia per preferire solo la
pittura; i libri “scritti” a mano dagli amanuensi al posto della stampa
inventata nel XV secolo da Gutenberg; la musica esclusivamente
suonata dal vivo al posto dei dischi in vinile, questi ultimi al posto dei
nastri e dei CD e DVD, questi ultimi al posto degli MP3 o WAV o MP4 o
altro ancora… insomma: ci muoviamo, inesorabilmente ma
giustamente, verso una progressiva emancipazione dai supporti
materiali. Anni fa scoprii i “Beni Culturali Immateriali”… questi, i beni
culturali, non possono essere soltanto le sculture come il David di
Michelangelo o similari… la creatività umana non ha forme
obbligatorie e rimanere legati ai supporti diviene un retaggio nostalgico
se non un feticismo dell’oggetto.
4. La scrittura è un colpo di fulmine o un amore ponderato?
Un colpo di fulmine che diviene poi amore ponderato per tutta la vita,
insieme ad altre cose.
5. Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?
Contingenze, innamoramenti verso vari generi, necessità – come il bere
o il dormire – di esprimermi in varie forme, di argomentare su diversi
temi, di mandare segnali ed emozioni del mio vivere attraverso diversi
canali, non unilaterali ma plurimi.
6. Quale messaggio vuole inviare al lettore?
Che la Vita – analogamente all’Opera in merito a cui, nei ’60-’70,
argomentava Umberto Eco – è pure un’Opera Aperta che, pertanto, ha
molteplici porte di accesso e di uscita, molteplici finestre da cui
affacciarsi per osservare il mondo e che quindi merita più forme di
attenzione. Un oggetto d’arte o di scienza – un libro, un’opera, un
teorema, una teorizzazione scientifica o filosofica – non fa eccezione.
Così questo mio piccolo ed eterogeneo libro, un mix di più punti di
vista e linguaggi, accomunati da un medesimo denominatore:
l’innamoramento.
7. La scrittura era un sogno nel cassetto già da piccolo o ne ha
preso coscienza pian piano nel corso della sua vita?
Da piccolo dicevo di voler fare l’architetto, perché mi appassionavo con
le costruzioni. La scrittura è divenuta una forma espressiva con la
maturità, parallelamente ad altri linguaggi, quali quelli della scienza, in
un certo grado quelli della strutturistica della chimica organica o della
matematica, o gli algoritmi informatici o la scrittura musicale. Viviamo
in un mondo di comunicazione sempre più plurimo e tutti questi – solo
apparentemente – diversi linguaggi sono metafore del nostro pensiero,
della nostra mente, della biologia che supporta il nostro cervello e
l’evoluzione dei viventi. Sono tutte strutture e architetture (“La
scrittura è architettura”, dice Cocciante nella sua opera francese) che si
articolano secondo certi criteri di varia natura. Come potremmo fare a
meno, o ignorare, tutto ciò?
8. C’è un episodio legato alla nascita o alla scrittura del libro che
ricorda con piacere?
Tutti gli elementi, dolorosi o gioiosi, intrinseci a questo libro, come
pure ad altri, sono parte di me e non ci sono priorità.
9. Ha mai pensato, durante la stesura del libro, di non portarlo a
termine?
Si può non portare a termine un pensiero spontaneo? Rimuoverlo?
Inibirsi al punto tale di recedere dal suo nascere, crescere, evolvere,
dispiegarsi, trasformarsi… Impedirsi di respirare o bere? Ciò che
cacciamo dalla porta rientra dalla finestra! Possiamo solo elaborare
ulteriormente il processo che ne è all’origine: sederci e chiederci cosa ci
sta succedendo. Così i contenuti di un libro. Lavorare sulla sua forma.
10. Il suo autore del passato preferito?
Lev Tolstoj.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata
dall’audiolibro?
Interessante certamente, come già l’ebook: in parte un ritorno alla
radiofonia. Il nuovo, purtroppo o per fortuna, s’innesta sempre, o
spesso, sul riuso di gran parte del vecchio.
In sottofondo (just one time), Milonga.
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