Rivedendo oggi l’opera prima di Francesca Archibugi, 1988, si conferma come il flusso narrativo realista – tutto sommato relativamente esiguo, laddove il medesimo ruota attorno alle vicende quotidiane di una famiglia di ceto popolare piccolo borghese di Roma nord nello scorcio degli ’80, la quale in buona misura viene perturbata dal sopraggiungere di una giovane reticente cugina d’oltralpe – sia più che sufficiente a restituire allo spettatore, di allora ma anche di oggi, tutte le emozioni, le semantiche e le profondità di un’autentica opera d’arte, al contempo intimista e collettiva, contestuale a quegli anni eppur sovratemporale. L’educazione sentimentale del giovane Giorgio, adolescente equipaggiato di una indubbia humanitas virgiliana, al crocevia fra scuola media e scuola superiore, passa attraverso il fil rouge della giovane cugina Mignon, parigina esiliata poco più grande di lui, sufficientemente avvenente e dotata di una indubbia forza seduttiva. Quest’ultima, tuttavia, si manifesta in una sorta di limbo passivo, non essendo lei dispensatrice di energie e azioni eclatanti, non essendo lei ad andare incontro al mondo quanto, viceversa, quest’ultimo ad andare verso di lei, lei che suo malgrado calamita le attenzioni della piccola comunità che la ospita.
Ma se il film è sintetizzabile come l’educazione sentimentale di un iper-sensibile adolescente, in modo più ampio esso si conferma anche film eminentemente al femminile: ciò non solo per la presenza delle tre autrici – Francesca Archibugi, Gloria Malatesta e Claudia Sbarigia – ma anche perché si colloca in un alveo narrativo filmico appunto idealmente al femminile: il suo inizio si può identificare con il C’era una volta il West, 1968, di Sergio Leone; il termine si può vedere, poco prima della Caduta del Muro, appunto in questo film. Nel mezzo si possono di certo annoverare opere come L’ultima donna e Ciao maschio di Marco Ferreri, Il cacciatore di Michael Cimino, Speriamo che sia femmina di Mario Monicelli.
Ecco quindi delinearsi un solco, un percorso, un’epoca, un nuovo ventennio, stavolta davvero culturale, ricco di significative tappe, un periodo artisticamente fecondo denso di opere e riflessioni: progettare di sondarlo più in profondità può divenire un inebriante programma di analisi filmico-sociologica.
]Fabio Sommella, 17 luglio 2019]
Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY-NC-ND 2.5 IT)