Trent’anni fa di oggi ci lasciava Federico Fellini, uno dei massimi registi della storia del cinema mondiale. Mi fa piacere commemorarlo con questo estratto dal mio libro Analisi semantica di quattro film (LULU, 2015, II edizione; I edizione Boopen del 2008), estratto relativo al regista e in particolare al suo massimo capolavoro Otto e ½.
Buona lettura.
[Fabio Sommella, 31 ottobre 2023]
1 Film 1: analisi[1] di Otto e ½ (1963) di Federico Fellini
Otto e ½ rappresenta in assoluto uno dei migliori film della cinematografia italiana e mondiale. Anche gli americani, che brillano per orgoglio nazionale cinematografico, circa dieci anni fa lo collocavano tra i primi dieci film della storia del cinema (al primo posto, forse sotto la spinta di un eccessivo spirito nazionale, mettevano Citizen Kane, da noi meglio conosciuto come Quarto potere, di Orson Welles). Ma non è per questo, certo, che lo abbiamo preso in considerazione nell’attuale contesto; vediamone meglio i motivi.
1.1 Filmografia felliniana
Riteniamo che, dopo questo film, il regista Federico Fellini avrebbe anche potuto smettere di fare cinema; ci sembra infatti che la totalità delle sue tematiche sia sostanzialmente già espressa, in forma massima e compiuta, in questo film che, a nostro avviso, è la vetta dell’espressione artistica felliniana. Ovvero: se non fosse stato per la pura e “semplice” necessità, culturale/biologica, di continuare a “fare film”, l’autore avrebbe anche potuto interrompere la sua attività in quanto siamo del parere che la sua missione, la “missione del suo inconscio”, si fosse già completamente compiuta con Otto e ½.
Dopo Otto e ½, l’autore supera tutte le inibizioni e le remore che lo ostacolano ad esprimersi liberamente e, ci sembra, rompe gli argini che contenevano gli elementi istintuali e la fantasia della sua anima; ma, dopo Otto e ½, quasi pedissequamente, ripete, in forme senz’altro artisticamente minori, i contenuti di questo film.
Otto e ½ rappresenta il culmine ed il coagularsi di tutte le tematiche dell’autore le quali (come Kant in filosofia rappresenta il confluire di tutte le tendenze del settecento ed il dipartirsi di quelle dell’ottocento) si manifesteranno sostanzialmente, pur in forme artistiche differenti e comunque con risultati indubbiamente diversi, in tutta la sua successiva cinematografia.
La sua filmografia può riassumersi in 3 blocchi:
- prima,
- dopo
- e ovviamente proprio nel mezzo, scolpito come effige di verità solenne su una lapide, Otto e ½.
Esaminiamo in rapida sequenza, assegnando loro dei verosimili e sintetici motti, i maggiori film del grande regista.
1.1.1 Prima
- Lo sceicco bianco: sogno e disillusione delle luci del varietà.
- I vitelloni: il realismo riminese trasfigurato dalla memoria;
- La strada: crudezza, fantasia ed elemento magico;
- Il bidone e Cabiria: miseria e riscatto morale;
- La dolce vita: decadenza, anelito e impossibilità di una redenzione e, ancora, esercizio calligrafico e affresco introspettivo della città, sognata e vissuta.
1.1.2 Otto e ½
- Il sogno e la realtà; la proiezione dell’anima.
1.1.3 Dopo
- Satyricon: ancora la città, decadente e opulenta, l’umanità alla deriva, il suicidio dell’uomo giusto;
- Roma: la città non più sognata ma ormai nota, comunque amata e odiata;
- Amarcord: ancora la Rimini della giovinezza;
- I clowns: ancora la fantasia del circo, con gli echi della polverosa strada e del carosello di Otto e ½;
- Casanova: il barocchismo calligrafico per la descrizione di un eterno vitellone (a cui le donne restano sconosciute?);
- La città delle donne: la ripresa dell’esplorazione del continente e del mistero femminili, nonché del sogno dell’harem;
- E la nave va: l’incontro di opposti elementi psichici, la coscienza occidentale e l’esoterismo zingaresco;
- Prova d’orchestra: la metafora e la riflessione sul conflitto di elementi (solo sociali?) opposti;
- Ginger e Fred: ancora il mondo canuto, sbiadito e nostalgico dell’avanspettacolo, comunque parente del circo, ormai velato di patetismo davanti alla volgarità odierna e al potere della TV (almeno negli anni in cui Fellini concepì e diresse il suo film);
- La voce della luna: il ritorno e l’accentuarsi del sogno, della saggezza trovata nella follia.
Come non osservare una simmetria, di tematiche ed ispirazioni, il cui asse è proprio rappresentato dal film di cui vogliamo analizzare i significati?
Scendiamo pertanto maggiormente nello specifico filmico.
1.2 Otto e ½ – La storia e i significati
È il racconto della presa di coscienza circa la dignità dell’esistenza e del dramma umano. Tale consapevolezza è raggiunta attraverso un penoso, lento e balbettante iter, simbolizzato prima da esperienze e atteggiamenti di fuga, infine dalla coraggiosa e ispirata decisione, da parte di un regista cinematografico in crisi di valori morali, di realizzare un film.
Guido Anselmi, 43 anni, è un regista cinematografico di successo. Si trova in crisi, di valori e di significati, crisi somatizzata in uno stato di affaticamento fisico che lo porta in uno stabilimento termale della Toscana. Questo sarà il palcoscenico per le sue memorie, sogni, flussi di coscienza, fantasie, desideri, speranze.
Attorno a questo film, che egli deve a breve realizzare, attorno alla coscienza e all’inconscio di Guido, ruota un universo di personaggi, cinematografici e privati, ritratti con amore nelle loro nevrosi e nella loro insignificanza, come è insignificante, ai suoi occhi, (di Guido Anselmi) la sua vita, il suo film, la produzione e tutti gli altri aspetti e motivi reali ed esteriori.
Guido rievoca la sua infanzia, fondata su una rigida educazione cattolica. Tornano alla mente le immagini dei genitori, pregne di un antico decoro piccolo borghese. Vive la sua vita, scoordinata, in rapporti contrastanti e conflittuali: distratto, e lievemente turpe, quello con l’amante Carla, donna grossolana e commovente nel suo candore infantile; intenso, e destinato a non evolvere, quello con la colta ed elegante moglie Luisa, trasfigurata nell’immagine materna; anelato, e frutto della junghiana proiezione dell’anima, quello con la donna ideale, “la ragazza della sorgente”, “giovane e antica”; e poi tutte le donne sognate, desiderate ed amate, dalla madre alle nutrici dell’infanzia, dalla Saraghina alle attrici sul viale del tramonto, candidate per qualche ruolo nel suo film.
Oltre a questo peregrinare, della coscienza e della memoria, Guido è sottoposto alle pressioni del mondo pratico, del cinema: il produttore, gli aiuti e i costumisti, la critica.
Davanti a questa folla, che lo soverchia e lo opprime, Guido, a tratti, manifesta la sua incapacità di agire, paralizzato come è dalla paura, dalle ansie, dall’incapacità di scegliere. Alla lunga trova rifugio nella menzogna, nella fuga dalla realtà (Elogio della fuga, avrebbe detto circa venti anni dopo il biologo Henry Laborìt, alle cui teorie si sarebbe ispirato il regista francese Alain Resnais per il film Mon oncle d’Amerique) attuata verso tutti e verso le proprie responsabilità.
Guido trascina in tal modo la sua esistenza e, solo attraverso contrarietà, giunge al giorno di inizio delle riprese.
Proprio nel momento in cui Guido sta per mollare tutto, abbandonare il set-palcoscenico, facendo smantellare il set, ecco che, “mediata” dalla figura del clown Maurice (simbolo di impensate ma potenti risorse interiori), riemergono, improvvise e misteriose, le energie positive e le fiducie, la felicità, la forza, la comprensione umana di se stesso e delle persone che costituiscono il suo universo: il film si farà!
“È una festa la vita: viviamola insieme!” proferisce finalmente Guido, al culmine di una profonda e vibrante riflessione d’amore, di una commovente comprensione, senz’altro di natura “olistica“, verso tutta la folla di personaggi che ruota e si agita affannosa attorno a lui e che, prendendo in prestito il concetto dal fondatore della Psicologia Sociale (Kurt Lewin), appartengono al suo “campo cognitivo”.
Il film “si farà”, pertanto: si inizia a girare e tutti, i personaggi, prendono parte ad un fantasmagorico carosello finale piroettando, attorno a Guido, sull’onda delle note, mai troppo rimpiante ed elogiate, de La Passerella, del maestro Nino Rota.
1.3 Per un’ulteriore analisi filmica: i Personaggi e la loro Simbologia
Per una possibile ulteriore analisi filmica, si propone una tabella riassuntiva delle associazioni individuate tra i personaggi e la “simbologia” riscontrata, in base alla lettura appena effettuata.
Tabella 1: Film 1 – Personaggi e Simbologia
Personaggio | Simbologia |
Guido, il regista | la coscienza “debole” |
La madre ed il padre | le origini |
Il produttore, Conocchia, Agostini, Nello Meniconi | la realtà esterna |
Il critico cinematografico | la razionalità |
Il cardinale | la saggezza anelata |
Il collegio dell’infanzia | la censura, il “superego” |
La Saraghina | il mistero |
Le nutrici ricordate | il legame con la madre |
Carla, l’amante | la regressione |
Luisa, la moglie | la responsabilità |
Rossella, l’amica di Luisa | “il grillo parlante”; la coscienza “forte” |
Maurice, il clown | le risorse interiori |
Claudia, “la ragazza della fonte” | l’anima |
[1] Prima redazione: 4 aprile 1993; revisione: 2007-2008.
[Fabio Sommella, estratto da Analisi semantica di quattro film, I edizione Boopen, 2008; II edizione LULU 2015]
Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY-NC-ND 2.5 IT)
Una completa ed erudita analisi del, probabilmente, miglior regista italiano che ha psicoanalizzato se stesso nella costruzione definitiva della sua magica esperienza terrena.
Grazie, Luciano.