Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY-NC-ND 2.5 IT)
Politica, Società, Ovvie Verità, Farmacologia – 1° approfondimento
Un – curioso? Ma no, forse neanche – parallelismo fra:
- le ovvie verità, le osservazioni dei fatti nude e crude, da cui i Soloni della Storia e del Quotidiano hanno preteso e pretendono di estrapolare terapie politiche contro i cancri sociali
- e i farmaci chemioterapici, che gli oncologi pretendono (?) impiegare per guarire (??) dai cancri cellulari.
Entrambi sono o rilevazioni parziali, o molecole che agiscono in modo parziale. La realtà dei fenomeni e dei processi, in una società globale o in un organismo vivente, é decisamente complessa. Essa è una rete di relazioni semplici, se prese singolarmente, ma che diviene intricata – appunto complessa – nell’insieme, tale da richiedere un approccio sistemico – olistico – in entrambi i contesti. Pena, in caso contrario, sono i fallimenti degli approcci fondati su visioni parziali, riduzioniste, punto-punto, incomplete.
Inoltre il tutto si complica ulteriormente – come la Storia si ostina a insegnare inascoltata – quando i sistemi in questione presi in considerazione non sono elementari servomeccanismi cibernetici artificiali ma sistemi cibernetici naturali, forse (???) più complessi, quali quelli omeostatici, nervosi, di coscienza, della psiche, tali da esser resi ancor più mutevoli dai fattori umani, dalla natura umana, cangevole e instabile nel tempo per definizione, diversificata dalle culture collettive e personali, dalle proprie storie.
Erich Fromm – in Avere o Essere, mi pare – sosteneva che finché le migliori menti si volgeranno solo allo studio della natura o della tecnica dimenticando i sistemi sociali, non ci saranno speranze per reali miglioramenti nelle relazioni umane.
Affermava il poeta brasiliano Vinicius De Moraes che la vita è l’arte dell’incontro; che ciò sia valido e vero anche per la politica? Per le scienze sociali? Per l’oncologia? Che tutte queste – e molte altre discipline pertinenti all’uomo – vadano rilette e agite non in base ai vigenti principi – che appaiono di costrizione o disperazione – bensì di incontro? Che la poesia di Vinicius lanci un implicito e latente ponte alle scienze sociali di Fromm? A un approccio non unicamente chemioterapico bensì sistemico all’organismo in cui si è sviluppata la cellula cancerosa?
C’è chi non ne dubita. Forse sono i medesimi che hanno chiamato questo approccio con i termini di amore, empatia, orientamento all’altro, apertura verso il diverso da noi, verso lo straniero, verso colui che non ha alcun contatto con noi, approccio transculturale.
[Fabio Sommella, 18 gennaio 2020]
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Quella pacifica forza che spinge alla fiducia, alla comunicazione e al cambiamento
Era qualche tempo dopo la sua morte: lessi di Massimo che, quando alla sera, lui e i suoi amici Lello ed Enzo – probabilmente insieme ad altri che ruotavano attorno al favoloso trio – tornavano ciascuno alla propria casa, lui dicesse a loro più o meno quanto segue (perlomeno mi piace immaginare, ciò che manca, così): “Dobbiamo essere contenti, fiduciosi, sereni: perché noi, con quanto facciamo nel nostro teatro, nel nostro cabaret, nei nostri spettacoli e sperimentaziuoni, apparteniamo a una comunità, a una famiglia di affetti; e abbiamo un senso che trasmettiamo agli altri.”
Oggi, a distanza di tanti anni, per altre vie leggendo la bella intervista che Enrico Ruggeri qualche tempo fa realizzò con Enzo De Caro, mi tornano in mente quelle parole e il significato profondo. Il loro obiettivo non era il successo: “Il successo? l’obiettivo era molto più ambizioso: era comunicare qualcosa.“
Il quel “Comunicare qualcosa”, quei tre favolosi ragazzi di San Giorgio a Cremano, o aree limitrofe – con le loro facce da cherubini, con la loro bonomia, dolce satira intelligente, ilarità, ritmica di scena, ironia, con la loro dimensione surreale, certo provocatoria ma sempre garbata e mai sopra le righe, con la loro ingenuità e leggerezza – con pacifica forza volevano spingere la coscienza del pubblico – più tradizionale e conservatore, se non reazionario – a guardarsi allo specchio e spingersi con fiducia verso il nuovo, financo verso lo straniero rispetto alla propria cultura e radici, ovvero verso la comunicazione e il cambiamento della propria coscienza civile.
Qualcuno chiama ciò cultura e rivoluzione non violenta!
So long, Massimo.
[Fabio Sommella, 23 dicembre 2019]
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