Un racconto – Il mistero della spiaggia delle alghe, di Sabrina Cancian, Kubera Edizioni 2019 – che ha un impianto classico – terza persona, tempo dominante il passato remoto, narratore onnisciente, predominanza dell’ipotassi – ma che ben si sviluppa: un personaggio femminile, non più giovanissimo (ha un figlio adolescente), ricerca sé stessa, ritrovandosi infine dopo una serie di curiose ma anche divertenti peripezie. Queste sono tutte ben narrate, a meno di qualche piccola incongruenza – siamo nell’impianto classico, tutti i percepiti nodi dovrebbero essere ripresi e risolti – o qualche brusca accelerazione. Tutto ciò, forse, avrebbe meritato in alcuni casi tempi più dilatati e dettagli ulteriori.
Ma, al di la di questi aspetti formali, é evidente come Sabrina Cancian estragga sapientemente i significati del proprio racconto dal repertorio letterario magico-animistico, una tradizione che, tra gli altri, annovera il latino-americano Carlos Castaneda e il sud americano Paulo Cohelo. Tuttavia echi si colgono del Richard Bach di Illusioni – persone destinate a incontrarsi, ad attrarsi – e più in generale, per il concetto di Sincronicitá che ricorre nel finale del racconto, addirittura di Carl Gustav Jung.
Dopo il preambolo, tutto sommato volutamente neutro, si entra quindi sempre più nel suddetto alveo letterario e affiora pienamente l’antitesi con il cosiddetto pensiero concettuale, proprio quell’antitesi già cara al citato Castaneda e cardine di tutti i suoi scritti, non ultimo il famoso Viaggio a Ixtlan. Secondo l’autrice, un’anelata e persa arte del vivere? Probabilmente sì, perché la vita non smette di stupire e possiede infinite porte di accesso: Sabrina Cancian, con grazia e garbo, ci mostra la sua preferita.
[Fabio Sommella, 3-4 agosto 2019]
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