E parlo di te
alle donne che incontro.
Della tua malattia.
Come t’abbia portata via.
Di quando avrei voluto essere ameba
o almeno fare senza
di quei lobi prefrontali,
della cognizione del dolore.
Qualcuna un giorno
mi spedirà pure
a quel paese
o ad avere un malore.
Qualcuna lo ha già fatto
– giustamente –
perché avviene così, il parlar di te:
impercettibilmente.
Come un’inconscia attrazione
un buco nero
enigma d’Universo
costrizione
che richiama e assorbe
tutto ciò che resta
del meraviglioso Caos felliniano
per l’ordinato Cosmo brusatiano.
E quando La sedia di lillà
mi ritorna in testa…
Dimenticare Venezia.
[07 febbraio 2019]
Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY-NC-ND 2.5 IT)