Poi tutto sfuma nel preconscio. Dopo gli appuntamenti simpatici di questo ultimo weekend, stamattina avevo in testa altri elementi – aggiuntivi – per il romanzo. Sì, quello che attende la chiosa. La sua chiusura naturale. Ma ora, con rammarico, avverto che non ne ho più traccia. Dopo quella sorta di tour de force di stamane, dopo che ho scritto roba altrove, tutto è sfumato. Sotto soglia. Laggiù, nel preconscio.
“Quante cose baluginano e svaniscono”, mi fa l’amico Mario. Poi aggiunge: “La differenza tra me e i grandi artisti è che quelli si appuntano tutto… stavolta è toccato a te”. E se la ride, lui, in allegria. Io, invece, no: perché non ricordo né cosa fossero, quegli elementi, né dove volevo metterli… senza esser volgari, please.
D’altronde, se appunto tutto… mi sento un rompicoglioni… ma tanto lo sono ugualmente! Tanto varrebbe segnare ogni cosa. “Anfatti, se riesci segna”, continua a sfottermi Mario.
Segna… come se io fossi Pruzzo.
“Noi ciavemo Pruzzo”, pontificava il tifoso lupacchiotto a fine ‘70, quando il bomber di Crocefieschi stava arrivando nella capitale per indossare i blasonati colori. “Pure noi ciavemo”, gli faceva eco, con tutta la malizia del caso, un sardonico veneto. E noi comprendevamo la presa per i fondelli, con la battutaccia di fondo.
Ma, Lui – o bomber – segnava sempre, in altro senso ancora. Noi, invece…
“Segna… come dar pizzicarolo… che poi famo li conti”, chiosa il mio amico.
Ma proprio alla chiosa – quella del mio romanzo – penso io. E mi dico: mo’, come faccio? Se vado avanti penserò sempre d’aver perso qualcosa.
“No no, se riesci tieni sempre traccia, perché è tremendo.”
Già. Ma si può anche far senza.
“Vai avanti. Ogni tanto mangia una madlene… a volte ritornano”
Erano evocazioni che… partivano da alcune immagini: la magnifica foto di un’amica su un Social; poi da un romanzo, che ho iniziato a leggere sabato…
“Magari con parole diverse, ma i concetti tornano.”
Passavano anche per il mio scritto di stamane, vicino alla foto di Lei… ma adesso mi pare tutto confuso, nebuloso, slegato, nebbioso, sfumato, fumoso… avevano dei nessi con cose che ho già detto e scritto ma… sono da affinare, da far emergere ulteriormente…
Che mestiere difficile, lo scrivere. Anni fa lessi che uno scrittore vero si domandava: “Come faccio a spiegare a mia moglie che, quando guardo fuori alla finestra, sto lavorando?”
Quando lo dissi, io, a mia moglie, lei… a momenti s’incazzava!
“Ahahah… vero, vero: anche io in questo momento sono alle prese con le parole… ed è difficile. Concordo.”
Sono indeciso se riprendere la scrittura della chiusura del romanzo, perché… temo di lasciar dietro roba, di perdere qualcosa. Ma… forse è giusto così. Il non detto qui diverrebbe il non espresso… che non sono la stessa cosa.
Forse domani riprendo. Però devo isolarmi. Devo isolarmi da altre sollecitazioni, che in questi giorni sono impellenti, forti, fino al dispersivo.
“Oh, ed è cosa buona e giusta… le perturbazioni, intendo.”
Sì, ma – sempre stamane – una davvero bella foto degli amici Miranda e Roberto mi ha provocato una grande emozione, fino a farmi piangere. Era durante un loro viaggio. Erano giovani. Sposati da poco, si vedono i loro volti, felici entrambi, pur diversi nelle espressioni. Lei ha una frangetta e un’acconciatura alla Juliette Gréco, il viso disteso e un lieve cenno a un garbato sorriso. Lui, più robusto, sprizza gioia incontenibile dagli occhi e sorride, sorride in maniera manifesta. Sono belli, sono in giro per l’Europa. L’epoca sono i ’60-’70. Ho commentato, complimentandomi per quella meravigliosa foto. E tra me ho pensato a come il vissuto, pur participio passato, non sia propriamente e unicamente solo passato. Perché esso è anche presente. E contribuisce – oltre ad aver già contribuito, in qualche modo e misura – a rendere migliore il Mondo. Sì: lo rende migliore. Alla stregua di un sorriso regalato, come tu m’insegni. Uno di quei sorrisi che ricevi senza pretese mentre, al volante, fai attraversare un pedone sulle strisce o al semaforo o comunque in strada. Perché i sorrisi, la gioia… sono contagiosi. E allora ho pensato a lei, a lei che non c’è più, ma che è presente in me. Ed è presente in maniera sempre meno dolorosa che in passato.
“Vero, vero anche questo. Giusto: il vissuto è presente. Bella intuizione.”
… e su questo tema vorrei – stamane pensavo di – scrivere un raccontino… e mi disperdo… però è bello!
“Disperditi… mica c’hai gli obiettivi.”
Dentro di me, sì… concludere qualcosa, mettere un punto a… una storia infinita.
“Va beh, ma senza stress, prendi il bello che senti”, chiosa Mario.
Già: resta quella miriade di temi e motivi che ci balenano nella testa, nel rischio di disperderci in una marea di rivoli, fecondi, ma improduttivi, quando si moltiplicano all’infinito… Ma, d’altronde, “È una festa, la vita: viviamola insieme!”, dicevano quei quattro saggi, artisti della vita. E noi lo sappiamo… che il vissuto è presente. 🙂
[ Augusto Monachesi, Fabio Sommella, 11 marzo 2019]
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