“L’arte di un cacciatore è diventare inaccessibile”, riprese. “Nel caso di quella bionda avrebbe significato che dovevi diventare un cacciatore e incontrarla moderatamente. Non come hai fatto tu. Sei rimasto con lei un giorno dopo l’altro, finché il solo sentimento che restava era la noia. È vero?”
Non gli risposi. Sentivo che non dovevo dire niente. Aveva ragione.
“Essere inaccessibile significa toccare il mondo intorno a te moderatamente. Non mangiare cinque quaglie; mangiane una. Non danneggiare le piante solo per costruire un forno da campo. Non esporti al potere del vento, a meno che non sia inevitabile. Non usare e spremere la gente fino a ridurla a nulla, specialmente le persone che ami”.
(…)
“Essere inaccessibile significa evitare deliberatamente di esaurire te stesso e gli altri”, proseguì. “Significa non essere affamato e disperato, come il povero bastardo che pensa che non mangerà mai più e divora tutto il cibo che può, tutte e cinque le quaglie!”
(…)
“Il cacciatore è inaccessibile perché non spreme il mondo fino a deformarlo. Lo tocca lievemente, rimane quanto deve e quindi si allontana agilmente, lasciando appena un segno”.
[Carlos Castaneda, Viaggio a Ixtlan, Astrolabio, – Ubaldini Editore, Roma, 1973, pp. 73-74 (traduzione di Francesco Cardelli) ]