Perché poi era la gioia. La gioia di aver svolto proficuamente una seconda lezione di orchestrazione con l’ottimo Maestro Matteo. Una gioia che – in altri tempi – avrebbe immediatamente condiviso al telefono con sua moglie. Cose che gli mancavano: come quando, quella volta, tornando con loro figlio, si era fermato in quella gioielleria per regalarle quel pendente. Oggi, ormai, era impossibile. Esattamente – proprio oggi – da due anni e mezzo. Così, in assenza d’una persona di fiducia, com’era stato per quasi trentadue anni, adesso affidava quelle sue confidenze e complicità a qualcos’altro. Si: al web. Perché – li, sul web, negli spazi d’un Social – abbandonava, quasi fossero vuoti a perdere, quelle bottiglie contenenti messaggi, lasciate galleggiare in un oceano mentale, in un oceano di rete. Quasi, Lei, si fosse distribuita un po’ su tutti. E agli amici, reali e virtuali, aveva adesso delegato quegli entusiasmi. Entusiasmi mai sopiti e venuti meno, malgrado gli anni. Malgrado i decenni.
Cosa stava facendo?
Stava ottimizzando la partitura orchestrale del brano composto alla chitarra proprio per Lei – per la moglie – qualche mese dopo la sua scomparsa. Canzone dell’addio o Farewell’s song, che dir si voglia. Certo: dopo ne sarebbero seguite altre. Perché ben sapeva che arrangiare per orchestra – di legni, ottoni e archi – non è mai facile o immediato. In quanto, pur conoscendo le armonie e rispettandole, si rischia sempre e solo di infarcire la partitura di aromi eccessivi, come un timballo in cui non é più possibile riconoscere i singoli sapori e colori. Per far opera di distinguo occorrono opportune tecniche di allargamento dei range sonori, con individuazione e isolamento delle voci melodiche, specie se queste sono nel range intermedio. Inoltre occorre l’articolazione e il dosaggio delle dinamiche.
Ciò stavano facendo con il Maestro Matteo. E, ora che tornava, malgrado la pioggia torrenziale scendesse copiosamente e bagnasse le sue gambe e i piedi, si sentiva felice. Come quando alla lezione di scrittura sul ritmo narrativo il docente aveva messo a fuoco i criteri essenziali per … conferire ritmo a un racconto.
Cosa aveva scritto sul Social? Cosa aveva messo stavolta nella sua bottiglia galleggiante? “Oggi, seconda lezione del corso di approfondimento di orchestrazione/arrangiamento, con il Maestro Matteo presso la Scuola 100x100Musica, Pietralata, Roma. Ci si fa strada nella luce! 😊”. E respirava quell’aria; un’aria familiare, in cui non gli sembrava di staccare da casa sua o dal suo ufficio – qualora fosse – bensì avvertiva un senso di continuità: con se stesso, con i suoi più disparati lavori, con i suoi studi giovanili, le sue ricerche di sempre.
Avrebbe parlato con Lei. L’avrebbe chiamata: ma ora era impossibile. Era irraggiungibile.
Compilò il messaggio. La sua letizia. Mentre stava a bagnarsi. Sotto la pioggia. Diede l’invio al post. E stava cantando. Malgrado la pioggia. Malgrado il Mondo. Malgrado la solitudine. E intonò quell’aria. Perché la sua musica, dedicata a Lei, era bella. Glielo aveva detto qualcuna. Glielo aveva detto anche il Maestro, mentre lavoravano sull’arrangiamento. E, lui, provava gioia.
Così, sotto la pioggia.
Singing in the rain.
[Fabio, 20 novembre 2018]
Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY-NC-ND 2.5 IT)